Ciao a tutti.
Oggi scrivo un post diverso dal solito.
il mio blog che da quando è nato propone post composti soprattutto di immagini, oggi parla molto e mostra poco. Vi racconto di come la mia "avventura" dei Plastilibri, i libri illustrati con la plastilina, è iniziata a primavera 2013 e poi è continuata fino ad oggi e sperò continuerà a lungo. Buona lettura.
Quando nel 2013 avevo ormai perso le speranze che
quella casa editrice si facesse sentire, dopo avermi fatto credere in qualche
modo che un mese dopo avremmo concluso (non mi sembrava vero, così in fretta, e
infatti non era vero) e dopo tanti rimandi, tutti con una motivazione diversa
ma comunque credibile, presi quasi per caso una decisione. Ero seduta al mio tavolo
della cucina che facevo, credo, animali di plastilina. Nuovi personaggi
abitanti della campagna.
Avevo sempre il pc portatile acceso (per i più
moderni il laptop) e forse avevo i soliti facebook e google aperti. Dico forse
perché non ricordo da cosa mi scaturì la vena che poi ha portato a scrivere
filastrocche. In lingua sarda. Non so se derivò da qualche immagine o qualcosa
letto in quel momento. Non sapevo che quello scrivere fosse solo il primo passo
di un cammino intrapreso poi con entusiasmo per quello che poi ho realizzato concretamente
di lì a poco. In pochi mesi.
Avevo già scritto tre storie per bambini:
“Festa d’estate nella terra dell’alba” ambientato
nella giungla. Questa stava per vedere la luce con una casa editrice ma poi
naufragò per vari motivi.
“La gallina
gigante” in fattoria. Questa sembrava cosa fata con l’altra casa editrice ma
poi naufragò per non so che motivi reali.
“Il tesoro di Serri” una favola nuragica che si
svolge tra il bosco e il villaggio nuragico, tremila anni fa.
Oltre alle storie, avevo scritto le filastrocche
sugli animali della prima favola. Ma tutto sempre in lingua italiana. E tutto
restava ancora nei cassetti.
Quel pomeriggio di aprile qualcosa mi ispirò e mi
misi a scrivere di getto una decina di filastrocche sugli animali della
campagna ma, come detto all’inizio, in lingua sarda questa volta. Costantemente
in contatto telefonico con mia mamma per fugare i dubbi su alcune parole o
forme grammaticali o modi di dire determinate cose. La prima decina l’ho
scritta in un’ora o poco meno. La cosa mi divertiva perché mi veniva facile
trovare le rime. In più mi piaceva vedere quanto conoscessi il sardo. Non mi
ero mai resa conto di sapere tante cose della nostra lingua. Il fatto di non
parlare frequentemente la lingua sarda, ti fa credere di essere in difetto e di
non riuscire, anche se poi lo capisci proprio tutto. Conosco quello del mio
paese e lo parlo ma capisco anche quelli della zona e anche degli altri
territori più a nord del campidano. Praticamente non c’è paese sardo, escluso
il sassarese in molti casi, di cui non riesca a comprendere la lingua. La mia
passione per le lingue probabilmente ha avuto il suo peso.
Mi venne un’idea (tanto per cambiare) e mi misi in
testa che non avevo voglia di stare ad aspettare la casa editrice o di cercarne
altre e allora chiesi il preventivo ad un amico che si occupa di molti servizi,
tra cui molti di quelli di cui io avevo bisogno per realizzare quest’idea.
Avevo bisogno di un fotografo e di un grafico. E lui era molto di più.
Decisi di realizzare un libro da sola. In
autoproduzione. Una volta saputi i costi, feci due conti. Servivano ovviamente
soldi per l’investimento iniziale della stampa e io ovviamente non avevo il
becco di un quattrino.
Mi venne in mente di pubblicizzare l’idea originale di
un libro per bambini, con filastrocche in lingua sarda (con traduzione in
italiano sulla stessa pagina) e illustrato con la plastilina. La mia
Plastilina.
Pubblicizzando l’idea proponevo a chi tra i miei
contatti seguiva i miei lavori, se potesse interessare prenotare il libro. Sarebbe
uscito a Natale e sarebbe stato un bel regalo per i bambini di casa per chi lo
volesse acquistare.
Fu un successo. Avevo deciso di stampare, per motivi
economici e quindi non fare il passo più lungo della gamba, “solo” 100 copie. A
pochi giorni dalla stampa avevo già 80 prenotazione e fatti due conti mi resi
conto che una volta consegnati i primi 80 mi sarebbero rimaste solo 20 copie
per me, o per dare, ad altri per vari motivi. Decisi allora di stamparne di
più. Chiesi il preventivo per 150 ma la risposta fu: no, o 100 o 250 . decisi
per 250, non avevo molta scelta.
Ricordo che mentre col grafico/fotografo stavamo
decidendo quando dare il via alle stampe, io mi trovavo a Milano perché ero stata
invitata come ospite alla trasmissione di Rai Uno “Super Brain - Le super
menti”. Stavamo registrando una puntata che sarebbe poi andata in onda, in
prima serata, un sabato di dicembre qualche settimana dopo. Ma questa è
un’altra storia.
Non ero molto lucida in quel momento e la decisione
slittò a qualche giorno dopo, quando tornai a casa.
Il "titolo" di quello che poteva essere potenzialmente il primo libro di una collana, lo coniò mia sorella gemella Valeria, come sempre quando ho bisogno di titoli o slogan. e così nacque la definizione dei Plastilibri. Non mancava niente.
Una volta mandato in stampa non ci restava che
aspettare. E io aspettavo trepidante. Mai avrei pensato di pubblicare un libro,
né con né senza casa editrice. Non era di certo nei miei programmi.
Il libro arrivò e subito mi attivai per consegnare
quelli prenotati a mano e a spedire quelli di chi l’aveva comprato dal
continente, come noi Sardi chiamiamo l’Italia, isole escluse.
Le filastrocche composte in sardo campidanese
conservavano le pronunce del paese dove vivo, Terralba, e quindi “il mio sardo”. Una scelta per me (neofita) automatica. Non
avevo idea di cosa avrei poi dovuto affrontare in seguito a questa scelta e
agli errori (da principiante) nella scrittura, tra:
1. Esperti del sardo che mi
rimproveravano la grammatica, chi gentilmente, e queste erano correzioni da me molto
gradite, chi con tono e atteggiamento davvero astioso che arrivavano anche da “dubbi pulpiti”a volte,
quelli che vengono anche chiamati nazisardi nel senso che sono intransigenti al massimo.
2. Quelli che vedendo parole
diverse dalle loro (in altri paesi) non si limitavano a dire come fosse la
versione della stessa parola al loro paese. No. il commento era: questa parola
è sbagliata. Il bello è che ne erano pure molto convinti di queste correzioni
da bar.
È vero, non era scritto con la grammatica perfetta (anche qui ci
sarebbe da aprire un dibattito ma non è questo il luogo adatto) ma visto che
del mio libro ero autrice e anche “sponsor”, feci tutto da sola e il correttore
di bozze non ce l’avevo. E non lo volevo. Non quella volta.
Qualcuno storcerà il naso per il fatto che riporto qui anche le critiche ma fanno parte del gioco e del dietro le quinte e le rendo "pubbliche" senza nessun problema. Chissà che non servano a qualcun'altro.
Ora passiamo a parlare di chi invece ha apprezzato
la mia idea che, come sempre, era stata originale, anche per il fatto di averlo
promosso su prenotazione da sola.
Il libro non solo era scritto in sardo pensato per i
bambini, ma era anche illustrato con un materiale che in pochi usano, in Italia:
la Plastilina.
Un materiale di cui io ero già esperta e maestra in
quel momento.
Il libro piacque a tutti. Ai bambini per le
illustrazioni colorate, agli adulti per il fatto che fosse in sardo, agli
anziani che vedevano nelle mie filastrocche i ricordi di gioventù nei lavori in
campagna. Perché le mie filastrocche parlano sì, dell’aspetto dell’animale, ma
anche del suo antico ruolo svolto in campagna. Il titolo che scelsi era infatti “Sa vida in su sattu” che significa “La vita
in campagna”. I polli che hanno un compito ben preciso, i buoi, il cavallo e
l’asino con le loro mansioni, il tacchino ma anche il pavone, raro a dire il
vero in antichità essendo arrivato qui in tempi recenti. E poi gli animali
domestici, compresi i topi… e i infine contadini.
Non mancava nessuno. A
chiusura del libro regalavo un tutorial cartaceo per insegnare ai bambini a
creare la gallina di Plastilina.
Subito abbiamo (io con l’aiuto di mia sorella per le
trasferte e la vendita) iniziato ad organizzare le presentazioni del libro
accettando gli inviti in biblioteche, associazioni, e anche librerie. Mi sono
dovuta preparare a presentare il mio lavoro, cosa non facile, e chi scrive o fa
qualcosa di suo, sa quanto sia difficile in certi casi. Io poi che non credevo
che avrei mai scritto e pubblicato ero ancora più spaventata dall’insuccesso e
anche dal successo in realtà. Ogni volta era un’esperienza a sé. Spesso facevo
anche un piccolo laboratorio gratuito a fine presentazione. Le vendite andavano
quasi sempre bene. Una volta c’è stata una presentazione andata totalmente
deserta, altre poco partecipate, e questo succedeva perché chi mi invitava non
si sprecava molto in pubblicità. E sì che fb è gratis…
Fortunatamente questo è successo poche volte e, se
non altro, mi è servito a farmi un’esperienza e una corazza, che mi serviva poi
per affrontare le prossime uscite, organizzazione in loco compresa.
Una cosa che piacque molto alle persone, fu il fatto
di aver tirato su da sola tutto questo, compreso e soprattutto la diffusione
anticipata.
Non nascondo che ci siano state anche le critiche di
chi pensa di poter giudicare il lavoro altrui soprattutto perché non ho una
casa editrice alle spalle, quindi in teoria la qualità non è assicurata.
All’inizio certi commenti mi ferivano, poi un po’ meno. Molte crtiche sono
state costruttive e le ho accolte con piacere. Altre un po’ brusche.
L’anno dopo ho ripetuto l’esperienza, forte del
successo del primo e ho prodotto il secondo libro (sulle verdure) con le stesse
modalità ma con uno zoccolo duro di followers dati da Sa vida in su sattu.
Ho anche ristampato il libro sulla campagna e ancora
oggi faccio volentieri le presentazioni in posti sempre nuovi conoscendo gente
simpatica, soprattutto bibliotecarie moderne ed efficienti a cui mi sono anche
affezionata.
Se volete curiosare, in questi video troverete un'intervista di qualche anno fa con qualche immagine del libro e una mia performance in teatro mentre leggo le filastrocche con la proiezione delle illustrazioni alle mie spalle, durante una serata poetica dove se non ricordo male ero l'unica (o quasi) che portava un pezzo in sardo.
Buona visione e arrivederci!
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